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BANKITALIA: IL REPORT SUL RISPARMIO DEGLI ITALIANI


La ricchezza delle famiglie italiane sta crescendo. Ma non per tutte. I ricchi sono un po' più ricchi di prima, mentre i meno abbienti possono contare su unreddito superiore. A rimetterci le penne è il ceto medio la cui ricchezza rispetto a quattro anni fa è scesa in termini reali del 10,7%. A certificarlo è l'indagine sui bilanci delle famiglie italiane condotta da Bankitalia.


Effetto di scelte che hanno consentito ai Paperoni del Belpaese di guadagnare altri soldi, mentre il sistema di sostegni e bonus, spinto soprattutto dalla sinistra, si concentrava sulle fasce di reddito basse. Nulla da dire sulla scelta di assistere i meno abbienti. E neppure sulla possibilità che un ricco guadagni altri soldi. Ci mancherebbe! Peccato che le politiche sociali adottate negli ultimi anni, abbiano sostanzialmente impoverito la middle class. Oltretutto l'indagine di Palazzo Koch si ferma al 2020, e non può tenere conto dello tsunami che si è abbattuto sulle famiglie italiane con il caro energia e l'inflazione all'8%. Le medie contano poco ma hanno comunque un senso. Così si apprende che «alla fine del 2020, sulla base dell'indagine le famiglie italiane disponevano in media di una ricchezza netta di circa 341.000 euro».


Il patrimonio lordo dei nuclei familiari, sempre alla fine del 2020, era costituito per l'82% da attività reali come immobili, aziende oppure oggetti di valore e per il rimanente 18% da attività finanziarie: azioni, obbligazioni, quote di fondi o certificati di deposito. Rispetto al 2016 il peso della componente finanziaria è aumentato di oltre 3 punti percentuali e riflette, spiega Bankitalia, «il simultaneo calo della ricchezza reale e l'incremento delle attività finanziarie detenute dalle famiglie». Soprattutto le abitazioni. Ma il fenomeno ignorato dai più sta nell'ampliamento della forchetta delle disuguaglianze. Non soltanto nei confronti dei Paperoni d'Italia. Certo, la ricchezza che fa capo al 5% delle famiglie più ricche è aumentata di oltre il 20% rispetto al 2016, sospinta dall'aumento di valore delle attività finanziarie, dalla crescita del risparmio e dall'incremento delle attività reali.


Nel medesimo tempo si legge nel documento di analisi è però «diminuita la ricchezza media nelle classi centrali della distribuzione, per effetto della diminuzione dei prezzi delle abitazioni, che costituiscono la componente principale del patrimonio di queste famiglie». Il bilancio di questo fenomeno si riassume in tre dati. Mentre è cresciuta la ricchezza del 30% di famiglie più povere e del 5% di quelle ricche, è calata quella del 65% dei nuclei familiari italiani. Il ceto medio, appunto, il cui patrimonio si sta erodendo da oltre un quindicennio. E Bankitalia documenta anche l'ampiezza di questo fenomeno. Fatta 100 la ricchezza della classe media nel 2006 ora quella stessa ricchezza è scesa a 68. Tranne un rimbalzo registrato in corrispondenza del 2010, il calo è costante e oltretutto si sta intensificando negli ultimi anni, come si vede inequivocabilmente dal grafico che abbiamo desunto dallo studio della banca centrale.


Stante la perdita di valore degli immobili di proprietà, colpisce comunque il fatto che i 10 milioni abbondanti di famiglie appartenenti al ceto medio non siano state in grado di compensarla con investimenti finanziari. Chiaramente non per mancanza di volontà. Più facilmente per indisponibilità di soldi da investire. Anche perché la quota di famiglie indebitate è tornata ad aumentare, interrompendo la flessione iniziata dopo il 2008.


Tra i nuclei indebitati è tuttavia diminuito di 4 punti percentuali sul 2016 il peso di quelli finanziariamente vulnerabili, segnatamente quelli che hanno una spesa annua per il servizio del debito superiore al 30% del loro reddito. Ma pure in questo spaccato del campione c'è poco da gioire. «Alla riduzione», fa sapere Bankitalia, «ha contribuito l'ampliamento nel 2020 dei casi nei quali è stato possibile ottenere una moratoria sul debito». Dunque non perché le situazione finanziaria delle famiglie in zona rossa sia migliorata, ma perché l'esposizione è stata rinegoziata o addirittura posticipata, per effetto delle possibilità offerte dalle norme entrate in vigore in corrispondenza della pandemia. Fra l'altro la spesa media familiare si è ridotta in termini reali del 9,7% rispetto al 2016. Una flessione «già in atto, seppure con diversa intensità, dal 2006», fa sapere Banca d'Italia, attestatasi oltretutto «sul valore più basso dal 1980, cioè da quando l'indagine rileva questa variabile». Certo, nel 2020 i consumi hanno risentito delle misure adottate per il contenimento dei contagi, oltre che di una maggiore incertezza sul futuro e per alcuni beni durevoli, dei vincoli dal lato dell'offerta. Ma non avrebbe senso liquidare il fenomeno legandolo soltanto al Covid. La frenata dei consumi, semmai, segue un andamento simile all'impoverimento del ceto medio. Altro tema su cui varrebbe la pena di riflettere.


 

FONTE: LIBERO QUOTIDIANO

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